IL SIGNORE VI HA ASPETTATO QUI SU QUESTA MONTAGNA

Giovanni Paolo II, 24/03/2000

Ordinazione presbiterale di Mateo Alvarez Serna nella chiesa della Domus Galilaeae

Nella chiesa-madre di Gerusalemme risplendi della luce pasquale!

GALILEA – Don Mateo Alvarez Serna è il nuovo sacerdote del Patriarcato Latino di Gerusalemme, formato nel Redemptoris Mater di Galilea. Ventisette anni, colombiano, ha ricevuto la dignità del presbiterato per l’imposizione delle mani di Mons. Pierbattista Pizzaballa lo scorso 24 giugno, Solennità della Natività di San Giovanni Battista, nella chiesa della Domus Galilaeae.

“Sii come Giovanni Battista, un annunciatore instancabile, fedele e senza compromessi, della appartenenza al Signore. Possa tu risplendere della luce pasquale, del Crocifisso e del Risorto. Sarai dono, offerta, vita, gioia, lode; è questa la vocazione della chiesa di Gerusalemme per la Chiesa universale, essere testimonianza di fedeltà alla Pasqua”. Questa, in sintesi, l’esortazione e l’augurio di Mons. Pizzaballa al nuovo sacerdote.

L’ordinazione presbiterale di Mateo Alvarez Serna, nella significativa cornice della Solennità della Natività di San Giovanni Battista, presso la Domus Galilaeae, si è svolta un clima di grande raccoglimento e gioia, partecipata a distanza dalla sua famiglia, che non ha potuto essere presente a causa dell’epidemia di Coronavirus in corso, ma che attraverso il collegamento internet ha potuto seguire in diretta la celebrazione. Hanno concelebrato Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare, P. Aktham Saba Hijazin, parroco della parrocchia latina di Rame ove don Mateo ha esercitato il ministero diaconale, P. Yacoub Rafidi, Rettore del Seminario Patriarcale di Bet Jala, e tanti altri sacerdoti. Hanno partecipato alla celebrazione anche i membri della comunità neocatecumenale di don Mateo provenienti dal paese di Eilaboun, i fratelli e sorelle che prestano servizio nella Domus e nel Seminario, e alcune religiose.

Secondo di nove figli, nell’adolescenza Mateo ha attraversato un periodo di crisi che lo ha allontanato da Dio e dalla fede ricevuta dai genitori. L’esperienza di preghiera e lavoro in Terra Santa, alla Domus Galilaeae, gli ha restituito la gioia e la dignità di figlio amato da Dio, e gli ha fatto scoprire la vocazione presbiterale.

“Signore, Padre Santo, Dio onnipotente ed eterno, artefice della dignità umana, dispensatore di ogni grazia”. Con queste parole, dopo le litanie e l’imposizione delle mani, il vescovo ha invocato su Mateo lo Spirito di santità e “la dignità del presbiterato”, affinché “con il suo esempio guidi tutti a un’integra condotta di vita”. Questa preghiera del rito di ordinazione ha reso manifesta l’opera della grazia finora nel giovane, che oggi ha fatto di lui un dono per la Chiesa.

La vocazione a portare l’annuncio e la luce della Pasqua alle nazioni, che ha le sue radici in Gerusalemme, e il vero significato della consacrazione sono state al centro dell’omelia. In essa Mons. Pizzaballa si è soffermato sulla chiamata di Geremia, nella prima lettura (dalla liturgia vespertina della Solennità).

“Quando il Signore ha scelto Geremia – ha sottolineato l’arcivescovo – lo ha anche messo da parte, separandolo dagli altri. Questo vale per tutti noi, e oggi in particolare per te. Sei qui perché sei stato consacrato, e perché hai deciso nella tua libertà di accogliere questa proposta del Signore”. L’Amministratore Apostolico ha spiegato che essere sacerdote “è certamente anche un privilegio, un dono”, ma significa appartenere a Dio: “Il Signore ti ha scelto per uno scopo preciso, quindi non potrai fare tutto quello che vorrai, la tua vita non è più tua. Tutta la tua esistenza deve riflettere questa appartenenza. Non devi piacere troppo a uomini: devi piacere innanzitutto a Dio, perché a lui appartieni, e per questo sei un po’ separato rispetto agli altri”.

Un discorso da padre a figlio, nel quale Mons. Pizzaballa non ha nascosto nessuna difficoltà. “Tu andrai da coloro a cui ti manderò”, dice il Signore a Geremia. Per questo: “Non vai dove vuoi. Appartenere a qualcun altro significa rendere conto a Lui, e Lui darà le indicazioni a te. Anche la tua missione non ti appartiene. Sei uno strumento nelle mani di Dio, niente più”. “Dirai quello che io ti ordinerò”, è il mandato di Dio al profeta. “Nelle omelie, dovrai innanzitutto dire ciò che la Parola di Dio dice a te. Se sarai fedele alla consacrazione, e dirai ciò che Dio ti ha ordinato di dire – ci sono cose che il mondo non vuole sentire, ma che si devono dire, perché appartengono a Dio -, se sarai fedele a questo, soffrirai, avrai solitudine, forse sarai perseguitato, incompreso, ma appartieni a Lui. Saprai anche che c’è un limite oltre il quale il diavolo non potrà andare e che, nonostante tutto, Dio non ti lascerà: nessuno può toglierti questa appartenenza”. E ancora: “Nel tuo modo di parlare deve risuonare la Parola di Dio, non la tua, altrimenti farai ruotare le persone intorno a te: devi portarle a Gesù, non legarle a te. Questo richiede una grande solitudine. Per essere pastore devi imparare ad essere solo”.

Commentando il brano evangelico dell’annuncio dell’angelo a Zaccaria, l’arcivescovo ha sottolineato che il fatto si svolge nel tempio a Gerusalemme, ricordando che Mateo come sacerdote appartiene alla chiesa di Gerusalemme. “Essa non è solo un luogo fisico. La chiesa di Gerusalemme è la chiesa-madre, ed ha una vocazione specifica: essere luce delle genti. Così anche Geremia è mandato a tutte le nazioni, e tutte vengono e guardano a Gerusalemme”. Mons. Pizzaballa ha poi notato che “nella Gerusalemme dell’Apocalisse non c’è il tempio, al suo posto c’è l’Agnello. La luce di Gerusalemme viene dall’Agnello, che è la Pasqua. Nella nostra città di Gerusalemme, nella Terra Santa, ci sono tante ferite, tante divisioni, ma dovrà esserci anche la luce pasquale: del Crocifisso e del Risorto”. Di qui l’esortazione a Mateo: “Dovrai risplendere della luce pasquale, non solo perché celebrerai l’Eucarestia, ma perché tu sarai Eucarestia: sarai dono, offerta, vita, gioia, lode. Questa è la vocazione che la chiesa di Gerusalemme ha per la Chiesa universale, essere testimonianza di fedeltà alla Pasqua”.

La vocazione del sacerdote si esprime dentro il popolo, anche se questo non sempre comprende. “Il tuo essere messo da parte, trova espressione nel tuo donarti al popolo, alla gente. Così come è. In quella porzione di popolo che ti è affidato, lì custodirai il Regno”.

“Potrai comprendere tutto quello che ho detto, se pregherai”, ha esortato, ricordando ciò che gli disse un anziano sacerdote, quando era giovane Custode di Terra Santa: «Ricorda che se vuoi fare tante cose, la prima è piegare le ginocchia». “E’ così – ha concluso il pastore – : La prima cosa che il sacerdote fa è pregare. La tua appartenenza deve essere nutrita. La preghiera è il luogo nel quale nutri la relazione con il Signore: dove il tuo essere consacrato, la tua forza, la tua fedeltà, viene alimentata e sostenuta”.

Il Battista è chiamato a ricondurre i cuori dei padri verso i figli e preparare al Signore un popolo ben disposto. “Qui c’è la tua vocazione, che è quella di tutti: preparare al Signore un popolo ben disposto, orientare a lui”. Infine l’augurio al giovane presbitero: “Preghiamo tutti insieme lo Spirito perché sia con te, ti dia la forza per essere come Giovanni Battista: un annunciatore instancabile, fedele, senza compromessi, dell’appartenenza al Signore”.

Difficile dire quale sia stato il momento più intenso della liturgia. Quando don Mateo, appena rivestito della stola e della casula da don Rino Rossi, si è rivolto all’assemblea con le braccia stese, è stata subito evidente, anche da lontano, la luce di gioia che illuminava gli occhi e il suo volto.

Prima del canto di affidamento alla Vergine Maria, Mons. Pierbattista Pizzaballa ha voluto ringraziare i formatori. “Innanzitutto i tuoi genitori e la comunità che ti ha generato alla fede”, ha detto a don Mateo: “la formazione dei futuri sacerdoti è un servizio molto importante, forse tra quelli decisivi: la prossima generazione, a cui appartieni, dipenderà molto da come avete vissuto questi anni”. Poi rivolgendosi al Rettore del Seminario Redemptoris Mater, don Francesco Voltaggio, e agli altri formatori: “Grazie della vostra pazienza, del vostro servizio, non sempre gratificante, ma prezioso per tutta la Chiesa”.